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LE PAROLE DEL MINISTRO BRAY AL QUIRINALE

17/06/2013

Maurizio Bray, neoministro dei Beni e delle Attività Culturali, ha suscitato gli applausi convinti della platea di artisti e addetti ai lavori convocati al Quirinale lo scorso venerdì 14 luglio, in occasione della presentazione a Giorgio Napolitano dei candidati al David di Donatello 2013.
Nell'allegare il testo integrale del discorso, si riportano di seguito le parole conclusive:
"Vorrei dedicare infine alcune parole a un altro aspetto di ciò che l’esperienza cinematografica ha significato come momento di condivisione: la vertiginosa evoluzione delle tecnologie consente oggi di poter ricreare all’interno delle abitazioni private un’esperienza di visione tecnicamente
eccellente, impensabile ancora pochi anni fa, e insieme, per così dire, più flessibile e personalizzabile rispetto a uno spettacolo pubblico. Il rischio tuttavia è quello di ridurre la visione a un’esperienza esclusivamente privata, facendo venir meno i canali, diretti o indiretti, di comunicazione e condivisione con gli altri spettatori. Non si tratta ora di rimpiangere i vecchi
cineforum, con quel dibattito a seguire che tante ironie continua a suscitare ma che rappresentava un momento non soltanto di riflessione ed elaborazione critica, ma anche di uscita dal proprio orizzonte personale e di incontro con lo sguardo dell’altro. Si tratta però di rendersi conto del fatto che la crisi dei teatri cinematografici non è un problema esclusivamente economico, dalle ovvie e gravi ricadute sul versante produttivo, ma è anche il segnale, uno dei tanti segnali, del rischio che vada perso, anche nell’ambito culturale o semplicemente ricreativo, quel sentirsi comunità, quel senso di un’appartenenza comune che proprio la “domenica dopopranzo al cinematografo” Umberto Saba diceva di provare con particolare intensità nei celebri versi del Canto dell’amore: “Amo la folla qui domenicale, / che in se stessa rigurgita, e se appena / trova un posto, ammirata sta a godersi / un poco d’ottimismo americano. // Sento per lei di non vivere invano, / di amare ancora gli uomini
e la vita”.
Credere nel cinema italiano vuol dire credere nella peculiarità della nostra cultura: pur nella diversità dei differenti approcci al linguaggio e alle forme filmiche e, nelle differenze dei risultati artistici, il cinema italiano si è sempre ispirato ad una libertà formale e ad una grande creatività. E se la situazione economica e commerciale ha rischiato troppe volte di metterlo in ginocchio, il cinema italiano ha saputo reagire mantenendo un proprio modello cinematografico che si è dimostrato, in questi anni, molte volte vincente e capace di sottolineare il valore della nostra memoria collettiva.
Anche da questo, credo, occorre ripartire: dal recupero della dimensione comunitaria che è stata per secoli e può ancora essere propria delle esperienze culturali e dello spettacolo. Anche questa è una strada, non meno importante di altre, che si deve percorrere se si vuole ripartire dalla Cultura per ricostruire il nostro Paese e dare speranza alle nuove generazioni.

Autore:
Mazzetti

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